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La matematica delle migrazioni umane

Un’equazione per descrivere il comportamento umano: non è cosa facile, ma non per questo non vale la pena provarci. Da molto tempo si cerca di capire, per esempio, se è possibile usare un modello semplice per calcolare i flussi migratori tra città, o i flussi di commercio tra due paesi.

Un modello esiste a partire fin dal 1781 quando il matematico francese Gaspard Monge, da buon newtoniano, inventò un modello che richiama la legge di gravitazione universale ed è infatti noto come “legge di gravità”. Secondo questo modello, la probabilità che delle persone si spostino da una città all’altra, per esempio, è direttamente proporzionale alle popolazioni delle città di partenza, e inversamente proporzionale a una funzione della distanza.

Il modello è giunto fino a noi, con qualche ritocco e generalizzazione, e ha solo un problema: è sbagliato. Per farlo tornare bisogna ritoccare fino a nove parametri: in pratica è solo un modellino ad hoc, incapace di dare previsioni generali. Inoltre non ha una vera giustificazione teorica: si basa su un’analogia vagamente plausibile, e nulla più.

Il mese scorso però i fisici dell’Università di Padova Filippo Simini e Amos Maritan, in collaborazione con il MIT e l’istituto di Fisica di Budapest, hanno finalmente pubblicato su Nature un modello assai più solido.

Il modello è sorprendente perchè la sua dimostrazione prende in considerazione, sia pure in modo molto semplificato, le motivazioni per cui le persone si muovono da un luogo all’altro -ovvero, se per esempio parliamo di pendolari, il numero di lavori disponibili nel luogo di partenza e di arrivo. Ma matematicamente il modello alla fine diventa indipendente da tali motivazioni, e dipende solo dalle popolazioni delle località di partenza e di arrivo: e invece che dalla distanza tra le due, dipende inversamente dalla popolazione totale del circondario, ovvero da quante persone sono nell’area che circonda la località di partenza.

In alto: dati reali di migrazione. Al centro: le previsioni del modello "gravitazionale" classico. In basso: le previsioni del modello di Simini, Maritan e colleghi. Da Simini et al. (2012)

Il modello ottenuto non solo non ha praticamente parametri liberi, e quindi evita l’arbitrarietà del precedente: così com’è predice già molto meglio i flussi migratori all’interno degli Stati Uniti o dell’Europa, dove invece il modello a “legge di gravità” fallisce miseramente.

L’importanza di un simile modello dal punto di vista economico e politico è ovvia. Ma è bellissimo vedere come un comportamento individualmente complesso come la scelta di emigrare o di avere un lavoro lontano da casa possa, su larga scala, essere descritta da un’equazione semplice ed elegante. Ricordatevelo quando vi dicono “la scienza non potrà mai spiegare questo o quello”.

ResearchBlogging.org
Simini, F., González, M., Maritan, A., & Barabási, A. (2012). A universal model for mobility and migration patterns Nature DOI: 10.1038/nature10856

Ultimo atto per i neutrini più veloci della luce

Stavolta il lavoro sporco l’ha già fatto l’ottimo Amedeo Balbi dal suo blog Keplero: vi invito quindi a leggere il suo post. In parole povere, un altro team, ICARUS, (che include numerosi italiani) ha misurato indipendentemente la velocità dei neutrini e questi vanno veloci proprio come la luce. A questo punto le speranze che i risultati di OPERA siano corretti sono praticamente zero.

Non che questo sia un risultato particolarmente inatteso, visti i problemi strumentali che erano emersi come possibile spiegazione, e l’assenza di altri fenomeni che sarebbero stati evidenti se i neutrini fossero andati più veloci della luce: in particolare, particelle veramente più veloci della luce dovrebbero generare l’equivalente della radiazione Cherenkov, che a sua volta è un po’ l’equivalente elettromagnetico del “boom” supersonico. Ma nessuna radiazione di questo tipo è stata osservata.

Intanto vi invito anche a leggere un altro post che ho pubblicato sul mio blog personale, ovvero: si può fare divulgazione scientifica senza leggere le fonti primarie di cui si parla (ovvero i paper)? Secondo me no (anche se qui un paio di volte, lo ammetto, ho bluffato usando il solo abstract per articoli ai quali non avevo l’accesso: ma qui parliamo di giornalisti che si affidano solo a interviste e a comunicati stampa, un abstract resta quanto meno sempre una fonte primaria, per quanto povera e parziale).

 

Il vuoto che divide in due la luce, e la materia oscura

Avete mai visto un cristallo birifrangente?

È una cosa capace di dividere la luce in due, sdoppiando l’immagine che vi vedete attraverso. Come fa questo cristallo di calcite:

Un cristallo di calcite birifrangente (da Wikipedia)

Questo perchè? Perchè le onde elettromagnetiche che costituiscono la luce hanno una caratteristica detta polarizzazione. Ovvero, in parole molto povere, le onde luminose oscillano in direzioni diverse. Tale direzione si chiama polarizzazione. Così:

La luce che arriva da una sorgente normale (non polarizzata) vibra lungo angoli diversi anche se va nella stessa direzione (vedete le varie onde inclinate l'una rispetto all'altra). Un filtro polarizzatore seleziona solo le onde che oscillano in una direzione.

Chi si occupa di fotografia per esempio avrà quasi certamente usato un filtro polarizzatore, ovvero un filtro che non fa passare la luce che ha una certa polarizzazione rispetto ad esso. Un materiale birifrangente fa una cosa leggermente diversa: invia onde polarizzate diversamente lungo due direzioni leggermente diverse. In pratica divide il vostro fascio di luce in due.

Birifrangenza: luce polarizzata diversamente è inviata in due direzioni diverse dal cristallo.

Che questo lo facciano alcuni cristalli è noto dal 1669, quando lo scoprì il danese Rasmus Bartholin. Ben più recente -e ben più sorprendente- è la predizione che il semplice spazio vuoto possa essere birifrangente, in presenza di un campo magnetico. Questo effetto venne previsto da Werner Heisenberg (quello del principio di indeterminazione) e da un altro fisico tedesco, Hans Heinrich Euler (niente a che vedere col matematico Eulero!). In pratica, il modo in cui la luce passa nel vuoto è diverso a seconda che sia polarizzata parallelamente o meno rispetto al campo magnetico. Le onde elettromagnetiche parallele al campo saranno rallentate rispetto a quelle perpendicolari, e i due tipi di raggi si propagheranno in direzioni diverse.

A livello pratico, per i campi magnetici che possiamo creare qui da noi, l’effetto è assolutamente minuscolo (come forse avrete notato, mettervi un magnete davanti agli occhi non vi fa vedere doppio!) ma è quello che i fisici dell’esperimento PVLAS, condotto tra Ferrara e Padova e guidato da Guido Zavattini, stanno cercando di osservare da numerosi anni (Nel 2005 sembrava che avessero ottenuto dei risultati, ma ahinoi si trattava di un artefatto sperimentale). Recentemente hanno pubblicato su arXiv il loro ultimo rapporto sullo status dell’esperimento, dove annunciano di aver trovato il miglior limite mai misurato alla potenza di tale effetto -ovvero, non l’hanno osservato, e quindi sanno, data la sensibilità dello strumento, quanto può essere forte al massimo.

Perchè questo è importante? PVLAS è importante non solo per confermare le esotiche proprietà del vuoto quantistico sottoposto a immensi campi magnetici (quali possono esistere in natura per esempio vicino a stelle enormemente magnetiche note -non a caso- come magnetar). La birifrangenza del vuoto è strettamente correlata infatti alla presenza o meno di certi tipi teorici di materia oscura -e uno degli obiettivi di PVLAS è capire se esistono certe particelle di materia oscura come ad esempio gli assioni. L’esistenza di queste particelle renderebbe più forte l’effetto di birifrangenza del vuoto, permettendo di conoscerle indirettamente. Per ora PVLAS ci dice soltanto che tale effetto non è ancora abbastanza forte da essere osservato (il che è già qualcosa, in quanto permette di escludere alcune teorie a favore di altre, per esempio). Ma aspettiamo e vediamo: nel frattempo è bello sapere che la fisica italiana fa ottime cose anche al di fuori di LHC.

Preprint:
Guido Zavattini, Ugo Gastaldi, Ruggero Pengo, Giuseppe Ruoso, Federico Della Valle, Edoardo Milotti. Measuring the magnetic birefringence of vacuum: the PVLAS experiment , arXiv:1201.2309v1 [hep-ex], (Submitted on 11 Jan 2012)